Contrasto alla violenza nei beni confiscati alla mafia
Sportelli e case d’accoglienza in immobili confiscati alle mafie per donne che hanno subito violenze. Sono esempi concreti di come possano essere spesi i fondi delle politiche europee di coesione. I dati dell’Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza, come confermano i dati della polizia, sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici: gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner. Nel 2021 sono stati 119 gli omicidi con vittime di sesso femminile, a fronte dei 117 dello stesso periodo del 2020. Ma qual è il ruolo delle politiche di coesione nel contrasto alla violenza? Dall’ultimo Bilancio di genere, l’enorme documento che la Ragioneria generale dello Stato compila ogni anno fotografando lo stato della parità di genere in Italia, emerge un quadro completo di come sono state investite. Nel periodo 2014-2020 sono stati portati a termine 97 progetti con un investimento complessivo di 37,3 milioni di euro. Parliamo di interventi di recupero di spazi, ma anche di servizi che possano facilitare e accompagnare il loro reinserimento nel mondo del lavoro. Gli investimenti più consistenti sono stati dedicati al restituire alla comunità immobili che nella loro storia hanno rappresentato una fonte di guadagno per la criminalità organizzata: sono stati investiti oltre oltre 22 milioni di euro per progetti di questo tipo in Puglia, Calabria e Sicilia. Ma sono stati dedicati anche 3,4 milioni di euro per un progetto a Catania con un bando rivolto ai Comuni in cui arrivano i migranti per recuperare immobili pubblici con l’obiettivo di realizzare centri di accoglienza e integrazione di donne vittime di tratta.
Di Cosimo Firenzani