Con la coesione UE il Mezzogiorno può crescere del 2,6 per cento nel 2023, ma il Sud fa fatica
La politica di coesione aiuta i territori più svantaggiati, tanto che nel 2023 la crescita del Prodotto interno lordo delle regioni più povere dovrebbe crescere del 2,6 per cento e in alcuni casi anche fino del 5 per cento grazie al sostegno dell’Unione europea. A patto che i soldi vengano intercettati e spesi bene. Un chiarimento dovuto, visto che anche prima della pandemia alcune regioni facevano fatica a uscire ad allinearsi al resto del Paese, e questo è il caso del Mezzogiorno d’Italia. L‘ottavo rapporto sulla politica di coesione della Commissione UE offre poco di nuovo: rispetto a tre anni fa la principale novità è rappresentata dalla crisi sanitaria, che ha messo ancora più a repentaglio il percorso di sviluppo delle regioni già indietro.
“L’impatto economico della pandemia è stato il più alto nelle regioni meridionali con un’economia più dipendente dal turismo e dai servizi di prossimità”. Il documento conferma una volta di più quanto già registrato in altre occasioni. Rispetto al 2019, le notti trascorse dai turisti sono diminuite del 90% nei mesi successivi a marzo 2020. Certamente gli Stati europei del sud – Italia, Spagna e Grecia – pagano di più in termini di mancata ricchezza da pandemia. Anche perché la situazione non era rosea neppure prima dello scoppio della pandemia.
Tra il 2001 e il 2019 ci sono state regioni che hanno saputo registrare progressi di un certo rilievo, ma questo non è certo il caso del meridione. “Le regioni dell’Italia meridionale non hanno seguito questo schema di recupero”. Qui “la crescita è rimasta bassa e il reddito pro-capite è diminuito”. Il divario con nord-sud non si è ridotto, e ora la pandemia rischia di acuirlo ancora di più, visto che Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Sicilia e Sardegna rientrano in quel gruppo di regioni europee che prima dell’arrivo del COVID “hanno subito una stagnazione o un relativo declino e sono bloccate in una trappola dello sviluppo”.
Occorrerà fare tesoro delle risorse messe a disposizione dall’Europa, e fare in modo che almeno la crescita media minima del 2,6 per cento si materializzi. “C’è il rischio di ripresa asimmetrica tra regioni”, ammonisce la commissaria per la Coesione, Elisa Ferreira. Per evitarlo, bisogna evitare di cedere alla tentazione di mettere risorse laddove ce n’è meno bisogno. “Investire nei territori pià sviluppati non è raccomandabile”. Il motivo, in linea di principio è il seguente: “Non c’è sviluppo se permangono divergenze sociali ed economiche, perché si avrebbero anche quattro-cinque realtà diverse all’interno della stessa realtà”. In termini pratici, ricorda Ferreira, a livello europeo “hanno accesso alla banda larga ultra-veloce due persone su tre in città, e una su sei nelle aree rurali“. E’ tempo di superare tutto questo.
Ogni Stato membro può trovare da sé i compiti per casa. Le tante tabelle, infografiche, e informazioni contenute nel rapporto contengono più di semplici indicazioni. Sono il riassunto di limiti e criticità del Paese. Nel caso italiano, tra il 2009 e il 2016 nel Mezzogiorno il tessuto di connessione autostradale è cresciuto di meno del 10 per cento rispetto alla rete esistente. Causa pandemia, nel 2020 il mercato del lavoro ha visto una contrazione del 20 per cento, Tra il 2018 e il 2020 il maggior tasso di abbandono scolastico e formativo si è registrato nelle regioni del Mezzogiorno (anche in rapporto alle altre regioni europee). Povertà economica, ritardi non colmati, disoccupazione e giovani senza capacità. Di lavoro da fare ce n’è tanto.
“Amministrazioni efficienti ed istituzioni efficienti sono fondamentali per il futuro di queste regioni”, il monito di Ferreira, che non si rivolge solo a sindaci e presidenti di Regione. Per ‘istituzioni’ “si intendono scuole, università” e tutti i soggetti che giocano o possono giocare un ruolo per il rilancio dei territori in necessità di rilancio. Crescere anche solo del 2,6 per cento in un solo anno sarebbe un risultato maiuscolo per un Mezzogiorno sempre così piccolo in termini di performance economiche.
Le regioni italiane sono tra quelle che hanno visto crescere il PIL pro-capite nell’ordine dello ‘zero virgola’ nel corso degli ultimi 20 anni. Per questo si fa affidamento nella capacità di fare le riforme che servono. Il fondo di ripresa servirà, ma per arrivare alla crescita del 2,6 per cento nel 2023 a Bruxelles si confida nel corretto utilizzo dei fondi di coesione.
Di Emanuele Bonini – via Eunews.it